Ultima modifica: 13 Gennaio 2006

IL BULLISMO

Un fenomeno ricorrente di cui non sempre siamo adeguatamente informati è il BULLISMO, termine che deriva dalla parola inglese BULLYING.IL BULLISMO

Un fenomeno ricorrente di cui non sempre siamo adeguatamente informati  è il BULLISMO, termine che deriva dalla parola  inglese BULLYING.
Il bullismo viene definito come: "un’oppressione,  psicologica  o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona, o da un gruppo di persone, più potente nei confronti di un’altra persona percepita come più debole". (Farrington)

"Uno studente è oggetto di bullismo, ovvero è prevaricato e vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni". ( Olweus)

"Un comportamento "bullo" è un tipo di azione che mira deliberatamente a far del male o a danneggiare; spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi, persino anni ed è difficile difendersi per coloro che ne sono le vittime".  (Sharp e Smith)

Da queste definizioni è possibile ricavare alcuni elementi comuni che delineano il fenomeno nella sua specificità.
Le caratteristiche distintive del bullismo sono:

  • L’intenzionalità il bullo agisce con l’intenzione e lo scopo preciso di dominare sull’altra persona, di offenderla e di causarle danni e disagi.
  • La persistenza nel tempo, i comportamenti bullistici sono persistenti nel tempo: sebbene anche un singolo fatto grave possa essere considerato una forma di bullismo, di solito gli episodi sono ripetuti nel tempo e si verificano con una frequenza piuttosto elevata.
  • L’asimmetria della relazione. La relazione tra bullo e vittima è di tipo asimmetrico: ciò significa che c’è una disuguaglianza di forza e di potere, per cui uno dei due sempre prevarica e l’altro sempre subisce, senza riuscire a difendersi. La differenza di potere tra il bullo e la vittima deriva essenzialmente dalla forza fisica: il bullo è più forte, la vittima più debole; il bullo è generalmente più grande e di genere maschile, le vittime possono essere maschi o femmine.          

LE FORME DI BULLISMO

Due sono le principali forme di bullismo: diretto e indiretto:
Il bullismo diretto è costituito dai comportamenti aggressivi e prepotenti più visibilie e  può essere agito in forma sia fisiche sia verbali.
Il bullismo diretto fisico consiste nel picchiare, prendere a calci e a pugni, spingere, dare pizzicotti, graffiare, mordere, tirare i capelli, appropriarsi degli oggetti degli altri e rovinarli.
Il bullismo diretto verbale implica il minacciare, insultare, offendere, prendere in giro, esprimere pensieri razzisti, estorcere denaro o beni materiali.

Il bullismo di tipo indiretto, invece, si gioca più sul piano psicologico, è meno evidente e più difficile da individuare, ma non per questo meno dannoso per la vittima. Esempi di bullismo indiretto sono l’esclusione dal gruppo di coetanei, l’isolamento, l’uso ripetuto di smorfie e gesti volgari, la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul conto della vittima, il danneggiamento dei rapporti di amicizia.

Il bullismo è un fenomeno che riguarda sia i maschi che le femmine, si esprime però in modi differenti. I maschi mettono in atto prevalentemente prepotenze di tipo diretto, con aggressioni per lo più fisiche ma anche verbali.
Le femmine,  invece, utilizzano in genere modalità indirette di prevaricazione e le rivolgono prevalentemente verso altre femmine. Poichè le forme di bullismo indiretto sono più sottili e più difficili da riconoscere, il bullismo  "al femminile" è stato individuato più tardi rispetto a quello maschile ed è più difficile da cogliere anche per gli insegnanti.

A che età
I soggetti implicati nel fenomeno del bullismo sono bambini e adolescenti in una fascia di età compresa tra i 7-8  e  i 14-16 anni. Gli individui maggiormente coinvolti sono comunque i bambini delle scuole elementari e dei primi anni delle scuole medie, dove il fenomeno sembra essere diffuso e pervasivo.

I luoghi
I contesti in cui gli episodi di bullismo avvengono con maggior frequenza, sono gli ambienti scolastici: aule, corridoi, cortile, bagni e in genere luoghi isolati o poco sorvegliati.
In genere bulli e vittime fanno parte della stessa classe, per cui accade frequentemente che questi diventi il luogo previlegiato in cui si manifestano le prevaricazione.
Azione bullistiche possono verificarsi anche durante il tragitto scuola-casa e viceversa.

QUANDO NON E’ BULLISMO

Il  bullismo è una tra le possibili manifestazione di aggressività messe in atto dai bambini e dagli adolescenti.
sebbene non sia sempre semplice riconoscere ad un primo sguardo le differenti tipologie di comportamenti aggressivi, è però possibile distinguere quelli più specificamente riconducibile alla categoria "bullismo" da quelli che, invece, non entrano a far parte di questo fenomeno.

Una prima categoria di comportamenti non classificabile come bullismo è quella degli  atti particolarmente gravi, che si avvicinano ad un vero e proprio reato:  attaccare  un coetaneo con coltellini o altri oggetti pericolosi, fare minacce pesanti, procurare ferite fisiche gravi, commettere  furti di oggetti molto costosi, compiere molestie o abusi sessuali sono condotte che rientrano nella categoria dei comportamenti  antisociali e devianti e non sono in alcun modo definibili come "bullismo".

Allo stesso modo, i comportamenti cosiddetti "quasi aggressivi" che spesso si verificano tra coetanei, non costituiscono forme di bullismo: i giochi turbolenti, e le "lotte", particolarmente diffuse tra i maschi, o le prese in giro  "per gioco" non sono definibili come bullismo in quanto implicano una  simmetria della relazione, cioè una parità di potere e di forza tra i due soggetti implicati e una alternanza di ruoli prevaricatore/prevaricato.
 

PERCHE’ NON SI RICONOSCE IL BULLISMO

A contribuire alla difficoltà di distinguere con chiarezza che cosa sia il bullismo e, soprattutto ad ostacolare gli interventi per contrastarlo, giocano un ruolo di rilievo alcuni  pregiudizi  e lughi comuni diffusi nell’immaginario collettivo.
Alcuni tra le idee preconcette più diffuse sono:

  • Il bullismo in fondo è solo  "una ragazzata".  Al contrario, gli atti bullistici  sono tutt’altro che un gioco, anche  se spesso i bulli si nascondono dietro a questa giustificazione per evitare punizioni.
  • Il bullismo fa parte della crescita, è una fase  normale che serve a "raffozzarsi". In realtà è un fenomeno fisiologicamente connesso alla crescita e non serve affatto a rinforzare, ma crea disagio e sofferenza sia a chi lo subisce che in chi lo esercita.
  • Chi subisce le prepotenze dovrebbe imparare a difendersi. La vittima non è in grado di difendersi da sola e il continuo subire prepotenze non aiuta certo a imparare a farlo, ma aumenta il suo senso di impotenza.
  • Le caratteristiche esteriori della vittima rivestono un ruolo fondamentale. Si pensa comunemente che ad influire in modo decisivo nella "designazione della vittima" intervengono l’aspetto fisico e alcuni particolari esteriori come l’essere in sovrappeso, avere i capelli rossi, portare gli occhiali, avere un difetto di pronuncia. In realtà molti bambini possiedono tali caratteristiche, senza per questo essere vittime di atti di bullismo, spesso i bulli portano tali elementi come "giustificazione" per i loro gesti.
  • Il bullismo è un fenomeno proprio delle zone più povere e degradate, è più diffuso nelle grandi città, nelle scuole e nelle classi più numerose. Tali convinzioni non trovano riscontro nella realtà. Il bullismo è infatti altrettanto diffuso nelle zone più benestanti dal punto di vista socioeconomico, così come nelle scuole e nelle classi meno numerose.
  • Il bullismo deriva dalla competizione per ottenere buoni voti a scuola. Talvolta si crede che il bullo agisca aggressivamente in seguito alle frustrazioni per i ripetuti fallimenti scolastici, questa opinione non ha fondamento, anche perchè sia i bulli  che le vittime ottengono a scuola voti più bassi della media.
  • Il bullo ha una bassa autostima e al di là delle apparenze è ansioso e insicuro. Il bullo è un soggetto con un forte bisogno di dominare sugli altri ed è incapace di provare empatie. Generalmente non soffre di insicurezza o ansia, e la sua autostima è nella norma o addirittura superiore alla media

I PROTAGONOSTI: BULLI, VITTIME E SPETTATORI 

I bulli  mettono in atto le prevaricazioni.
Le vittime subiscono le prepotenze
Gli spettatori non prendono parte attivamente alle prepotenze, ma vi assistono.
Il bullo può essere: dominante o gregario

Il bullo dominante e le sue caratteristiche:

  • è un soggetto più forte della media dei coetanei e della vittima in particolare;
  • ha un forte bisogno di potere, di dominio e di autoaffermazione, prova soddisfazione nel sottomettere, nel controllare e nell’umiliare gli altri;
  • è impulsivo e irascibile: ha difficoltà nel  controllo delle pulsazioni e una bassa tolleranza alle frustrazioni;
  • ha difficoltà nel rispettare le regole;
  • assume comportamenti aggressivi non solo verso i coetanei, ma anche verso gli adulti (genitori e insegnanti), nei confronti dei quali si mostra oppositivo e insolente;
  • approva la violenza come mezzo per ottenere vantaggi e acquisire prestigio;
  • mostra scarsa empatia (cioè capacità di  mettersi nei panni dell’altro) e quindi non   riesce a comprendere gli stati d’animo della vittima e la sua sofferenza;
  • manca di  comportamenti prosociali (altruistici),
  • ha scarsa consapevolezza delle conseguenze delle prepotenze commesse, non mostra sensi di colpa ed è sempre pronto a giustificare i propri comportamenti, rifiutando di assumersene le responsabilità (pensa che la vittima "si merita di essere trattata così";
  • ha un’autostima elevata e un’immagine positiva di sè, che ostacola la motivazione al cambiamento;
  • non soffre di ansia o insicurezza;
  • il suo rendimento scolastico, variabile durante la scuola elementare, tende a peggiorare progressivamente, fino a portare talvolta all’abbandono scolastico;
  • è spesso abile nello sport e nelle attività di gioco;
  • la sua popolarità presso i coetanei è nella media, o addirittura al di sopra di essa soprattutto tra i più piccoli, che subiscono il fascino della sua maggiore forza fisica. Sebbene con il passare del tempo la sua popolarità diminuisca, il bullo non raggiunge mai i livelli di impopolarità della vittima.

Il bullo gregario
I  bulli gregari, definiti anche bulli passivi, costituiscono il gruppetto di due o tre persone che assumono il ruolo di "sobillatori" e "seguaci" del bullo dominante. Pur non prendendo iniziative, i bulli gregari intervengono rinforzando il comportamento del bullo dominante ed eseguendo i suoi "ordini".

Il bullo gregario e le sue caratteristiche:

  • aiuta e sostiene il bullo dominante;
  • spesso agisce in piccoli gruppi;
  • non prende l’iniziativa di dare il via alle prepotenze;
  • spesso è un soggetto ansioso e insicuro;
  • ha un rendimento scolastico basso;
  • gode di scarsa popolarità all’interno del gruppo dei coetanei;
  • crede che la partecipazione alle azioni bullistiche gli dia la possibilità di affermarsi e di accedere al gruppo dei "forti";
  • è possibile che provi senso di colpa per le prepotenze commesse e una certa empatianei confronti della vittima.

La vittima può essere: passiva/sottomessa  o  provocatrice
La vittima passiva/sottomessa è la "classica" vittima a cui si pensa solitamente:

  • è un soggetto più debole della media dei coetanei e del bullo in particolare;
  • è ansioso e insicuro;
  • è sensibile, prudente, tranquillo, fragile, timoroso;
  • è incapace di comportamenti assertivi;
  • ha una bassa autostima, un’opinione negativa di se stesso e delle proprie competenze, che viene ulteriolmente  svalutata dalle continue prevaricazioni subite;
  • a scuola spesso è solo, escluso dal gruppo dei coetanei  e difficilmente riesce a crearsi amicizie;
  • ha bisogno di protezione: a scuola cerca la vicinanza degli adulti;
  • se attaccato, è incapace di difendersi: spesso reagisce alle prepotenze piangendo e chiudendosi in se stesso;
  • è contrario ad ogni tipo di violenza;
  • il suo rendimento scolastico, vario nella scuola Primaria, tende a peggiorare nel corso della scuola media;
  • ha una scarsa coordinazione  corporea ed è poco abile nelle attività sportive e di gioco: talvolta ha paure relative al proprio corpo (per es. ha paura di farsi male);
  • nega l’esistenza del problema e la propria sofferenza e finisce per accettare passivamente quanto accade; spesso si autocolpevolizza;
  • non parla con nessuno delle prepotenze subite perchè si vergogna, per timore di "fare la spia" e per paura che le prepotenze diventino ancora più gravi.

La vittima provocatrice
Contrariamente alla vittima passiva (che subisce senza reagire), spesso la vittima provocatrice contrattacca le azioni aggressive dell’altro ricorrendo talvolta alla forza (anche se in modo poco efficace).

  • è generalmente un maschio;
  • è irrequieto, iperattivo, impulsivo;
  • talvolta è goffo e immaturo;
  • ha problemi di concentrazione;
  • assume comportamenti, abitudini che causano tensione e irritazione nei compagni (nono solo nei bulli,  ma nell’intera classe) e perfino negli adulti, provocando reazioni negative a proprio danno;
  • è ansioso e insicuro;
  • ha una bassa autostima:
  • è preoccupato per la propria incolumità fisica.

Gli "spettatori"
Oltre ai bulli a alle vittime vi è una grande maggioranza di bambini e ragazzi che assiste alle prevaricazioni o ne è a conoscenza,  ma non le denuncia nè interviene per fermarle, per questo viene chiamata "maggioranza silenziosa"  ed è fondamentale fare leva su di essa per ridurre la portata del bullismo, essi dovrebbero

  • richiedere l’aiuto degli adulti;
  • esprimere apertamente a livello verbale la disapprovazione per i comportamenti prevaricatori;
  • cercare di aiutare la vittima  a sottrarsi alla situazione;
  • sollecitare i compagni a non appoggiare i bulli;
  • rifiutare di prendere parte alla situazione;
  • aprire il proprio gruppo alla vittima.

Il problema sembra da molti sottovalutato, ma il bullismo produce effetti che si protraggono nel tempo con conseguenze a breve e a lungo termine:
Conseguenze per i bulli

  • basso rendimento scolastico;
  • disturbi della condotta per incapacità di rispettare le regole;
  • difficoltà relazionali;
  • ripetute bocciature e abbandono scolastico;
  • comportamenti devianti e antisociali: crimini, furti, atti di vandalismo, abuso di sostanze;
  • violenza in famiglia e aggressività sul lavoro.

Conseguenze per  le vittime

  • Sintomi fisici: mal di pancia, mal di testa (soprattutto al momento di andare a scuola);
  • sintomi psicologici: disturbi del sonno, incubi, attacchi d’ansia;
  • problemi di concentrazione e di apprendimento, calo del rendimento scolastico;
  • riluttanza ad andare a scuola, disinvestimento nelle attività scolastiche
  • svalutazione della propria identità, scarsa autonomia
  • psicopatologie: depressione, comportamenti autodistruttivi/autolesivi
  • abbandono scolastico
  • a livello personale: insicurezza, ansia, bassa  autostima, problemi nell’adattamento socio-affettivo
  • a livello sociale: ritiro, solitudine, relazioni povere.

Come individuare vittime e bulli; indicatori della possibile vittima:
Per riconoscere se un ragazzo è stato ripetutamente vittimizzato è possibile far riferimento ad alcuni indicatori comportamentali.

  • torna da scuola con vestiti stracciati o sgualciti e con libri o oggetti rovinati;
  • ha lividi, ferite, tagli e graffi di cui non si può dare una spiegazione naturale;
  • non porta a casa compagni di classe e raramente trascorre del tempo con loro;
  • non ha nessun amico per il tempo libero;
  • non viene invitato a feste;
  • è timoroso e riluttante nell’andare a scuola la mattina;
  • sceglie percorsi più lunghi per il tragitto  casa-scuola;
  • dorme male e fa brutti sogni;
  • il rendimento scolastico e l’interesse diminuiscono;
  • ha frequenti sbalzi d’umore: sembra infelice, triste e depresso e spesso manifesta irritazione e scatti d’ira;
  • chiede o ruba denaro alla famiglia (spesso per assecondare i bulli).

Indicatori del possibile bullo

  • prende in giro ripetutamente e in modo pesante
  • rimprovera
  • intimidisce
  • minaccia
  • tira calci, pugni, spinge
  • danneggia cose….

Alcuni suggerimenti
Consapevoli del fatto che non esiste una "ricetta magica" per risolvere problemi di tipo educativo e relazionale, è possibile riflettere  su alcune linee guida che potrebbero essere utili ai genitori per districarsi all’interno del complesso fenomeno "bullismo".
I suggerimenti non sono da intendersi  come una serie di passi da applicare rigidamente ma, in ogni situazione, saranno proprio i genitori o chi riveste un ruolo educativo, a valutare quali siano più adatti per un intervento efficace.

  1. prendere consapevolezza del problema
  2. Non minimizzare il problema
  3. Favorire il dialogo
  4. Non arroccarsi su posizioni estreme nei confronti dei propri figli (di accusa o di difesa)
  5. Valorizzare il dialogo scuola famiglia
  6. Prestare attenzione al vissuto emotivo del proprio figlio
  7. Invitare il proprio figlio a chiedere aiuto
  8. Trovare una soluzione al problema insieme al proprio figlio
  9. Confrontarsi con altri genitori
  10. Potenziare l’autostima
  11. Lavorare verso l’autostima del proprio figlio evitando atteggiamenti iperprotettivi, insegnandogli ad essere autonomo
  12. Aiutare il proprio figlio a prendere consapevolezza dei suoi atteggiamenti insegnandogli a riconoscere comportamenti che possono infastidire gli altri suggerendo possibili condotte alternative
  13. Favorire momenti di socializzazione positiva con i coetanei fuori dall’ambiente scolastico 
  14. Far intraprendere ai bambini attività extrascolastiche:attività sportive per incanalare l’aggressività in modo positivo
  15. Ridurre il senso di colpa: far si che i bambini non si sentano in colpa nel caso in cui sono vittime di prepotenze, ricordando loro che è sempre possibile trovare una soluzione
  16. Rivolgersi ad esperti

La prevenzione del fenomeno del bullismo
Per quanto riguarda gli interventi i soggetti interessati sono, oltre agli alunni, gli insegnanti e i genitori. Questi possono farsi carico di questi problemi attivando una programmazione contro le prepotenze e promuovendo interventi tesi a costruire una cultura del rispetto e della solidarietà tra gli alunni e tra alunni ed insegnanti. E’ evidente che l’intervento con bambini e ragazzi, deve essere preventivo rispetoo a segnali più o meno sommersi del disagio e rispetto alle fisiologiche crisi evolutive. Risulta poco utile agire sul disturbo e sulla psicopatologia ormai conclamata. La specificità di un intervento preventivo è quindi rivolto a tutti gli alunni e non direttamente ai bulli e alle loro vittime, perchè, al fine di un cambiamento stabile e duraturo, risulta maggiormente efficace agire sulla comunità degli spettatori. Risulta inefficace l’intervento psicologico  individuale sul bullo, essi infatti non sono motivati al cambiamento in quanto le loro azioni non vengono percepite da lui come un problema, e queste sono un problema soltanto per la vittima, gli insegnanti e il contesto. L’intervento diretto sulla vittima, pur efficace a fini individuali, non lo è per quanto riguarda la riduzione del fenomeno del "bullismo". Quella vittima cesserà di essere tale e il bullo ne cercherà presto un’altra nel medesimo contesto. Per questi motivi è necessario attuare un programma di intervento pluriennale di carattere preventivo e diretto al gruppo classe/scuola. Questo intervento rappresenta un’occasione di crescita per il gruppo classe stesso che, attraverso un maggior dialogo ed una maggiore consapevolezza di pensieri, emozioni ed azioni, diventerà risorsa  e sostegno per ciascun membro della classe.

Ruolo e coinvolgimento dei genitori

 Per rendere efficace e duraturo questo tipo di prevenzione, è necessario che gli insegnanti, gli educatori e le famiglie collaborino, come modelli e come soggetti promotori di modalità adeguate di interazione, affinchè l’esempio possa essere acquisito e diventare uno stile di vita per i ragazzi. Ciò diviene particolarmente importante se si considera che le competenze sociali acquisite diventano tratti fissi del carattere, che si sviluppa in comportamenti adeguati o disadattati. Il compito dell’insegnante è quindi quello di intervenire precocemente  finchè permangono le condizioni per modificare gli atteggiamenti inadeguati. Per migliorare la collaborazione con le famiglie  è importante che si spieghi anche ai genitori che i loro figli possono assumere diversi atteggiamenti a secondo degli ambienti in cui si trovano. Questo è utile per prevenire la sorpresa delle famiglie nello scoprire modalità di comportamento differenti a casa e a scuola.
 
Maria Grazia Battiato
Grazia Capizzi

Carmela Minnelli