Ultima modifica: 17 Gennaio 2010

Sant’Antonio Abate Patrono di Misterbianco

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Con periodicità triennale Misterbianco festeggia il santo Patrono S.Antonio Abate, la prima domenica di Agosto…

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I preparativi hanno inizio subito dopo "l’annuncio" che il parroco da, alla fine della messa serale celebrata per la festa liturgica, il 17 Gennaio. Tali preparativi si protraggono fino ai solenni festeggiamenti d’agosto. Le varie commissioni dei "cerei" e dei "partiti" rionali girano per le vie del paese chiedendo contributi e coinvolgendo tutti i cittadini di ogni ceto sociale, l’Amministrazione Comunale stanzia grosse somme per solennizzare degnamente la festa. In questi cinque giorni di festa – da diversi secoli – fede e folklore si fondono insieme; preghiera, gioia, antagonismo, entusiasmo e commozione sono i denominatori comuni con i quali i misterbianchesi esprimono il loro affetto verso il Santo Patrono. I nostri padri, per meglio celebrare il culto esterno, hanno diviso il paese in "partiti" o quartieri: S.Nicolò, corrispondente al quartiere "Panzera" il quale prese questo nome da un altarino, dove è dipinta la Madonna del Pensiero; S.Orsola, corrispondente al quartiere "Manganeddi", dal nome dell’antico strumento col quale, in questo quartiere, si lavorava la seta. Nella zona sorse la chiesa di S. Orsola e un tempo esistette l’omonima Confraternita; La Madre Chiesa o "dei Mastri", corrispondente al quartiere che abbraccia il centro storico del paese; questo "partito" era detto anche "d’i chiazzoti"; S.Angela Merici "Quarterie delle Terme", costituito recentemente nel 1992 per affermare una identità di quartiere nella nuova zona nord-ovest e che abbraccia tutti gli abitanti della Parrocchia "S.Angela Merici". Ogni quartiere dedicò al Santo un inno "’a Cantata" e nei giorni della festa, durante il giro del simulacro, detti inni vengono eseguiti dai cittadini – accompagnati dal corpo musicale – in via Matteotti, vicino allo "Spizio" e in via Garibaldi, vicino la Piazza della Repubblica. Altra caratteristica del culto esterno è la presenza dei quattro cerei: Carrettieri e Camionisti, Vigneri, Pastori e Maestri, che rappresentano, ancora oggi, le varie categorie o gruppi sociali. Tali cerei, nei giorni delle celebrazioni patronali, girano per le vie del paese annunciando la festa. La loro origine deriva dall’offerta della cera al Santo, e giacché si faceva a gara per portare il cero più grosso, dovettero ricorrere all’uso di piccole e rudimentali bare per poterli trasportare, da ciò ebbe origine – nel nostro gergo – il termine "Varetta". In seguito, sempre in omaggio al santo, le varette vennero abbellite ed ornate con fregi e festoni, che trasformarono la rudimentale bara in un elegante candelabro alto circa cinque metri, da ciò il termine "Candelora". Le quattro candelore, costruite in legno dorato, artisticamente lavorato, presentano ricchi ornamenti, puttini, festoni, statue di santi e pannelli raffiguranti la vita di S.Antonio Abate. Benché tutte bellissime differiscono tra loro per grandezza e peso. La più piccola ed aggraziata è la candelora dei Carrettieri e dei Camionisti, ch’è la più antica (1865), mentre la più pesante, si dice, sia quella dei Pastori (1909), con pitture che si rifanno ad episodi della vita dei santo. Il ceto dei pastori, nel nostro paese, va scomparendo ma gode buona stima da parte di tutti i cittadini. Le altre due candelore, di eccezionale fattura ed eleganza, sono quella dei Vigneri (1875), cha ha l’esatta forma di un candelabro, l’unica ad avere il grosso cero nell’interno e, infine, quella dei Maestri, costruita nel 1910, in stile Liberty. Agli inizi di dicembre del 1615 il cappellano della chiesa di S. Nicola, Don Domenico Fisichella, con i rettori Luca Santagati, Muni Puleo e Domenico Santonocito, scrivono al Vicario Generale Antonino Perremuto ed al Vescovo Bonaventura Secusio per chiedere l’autorizzazione di poter esporre alcune reliquie avute da Roma, tra le quali quella di S. Antonio Abate. A quel tempo si trovava a Roma il Dottor don Giacomo Romano, canonico della collegiata e "beneficiale" del casale di Misterbianco, il quale si interessò presso Monsignor Fabrizio Caracciolo, vescovo di Tropea, per avere alcune reliquie. Queste furono mandate a Misterbianco tramite padre Desiderio La Placa, provinciale e commissario generale dei Carmelitani della provincia di S. Alberto, come si attesta "per fede" dallo stesso. Il vicario generale, controllata la documentazione, autorizza l’esposizione e la processione con baldacchino in "quillo tempo che l’esponenti vorranno, et farli festa incomensando dalli primi vesperi insino alli secundi… Catania 16-12-1615". Dalla visita pastorale effettuata dal vescovo Bonadies nel 1666 apprendiamo che la reliquia di S.Antonio era sistemata in un braccio d’argento, insieme a quella di S.Nicola. Dopo l’eruzione del 1669 i Misterbianchesi, discordi sul punto dove ricostruire il paese, si sparpagliarono in vari gruppi, dividendosi i suppellettili e gli oggetti sacri delle chiese. La reliquia di S.Antonio Abate rimase nel nuovo paese, ma senza il reliquiario, cioè senza il braccio d’argento. Questo venne costruito nel 1720; ciò si deduce da una incisione posta sotto la mano del reliquiario; doveva portare incise anche le iniziali del cesellatore, del console che reggeva quell’anno il consolato, nonchè il marchio di garanzia, ma di tutto ciò non si nota nulla, forse a causa dei vari ritocchi e riparazioni eseguiti nell’anno 1830, ad opera dell’argentiere Auteri e successivamente nel 1895, per interessamento di Pietro Santonocito Arena fu Nunzio, come ci informa una seconda incisione nella parte centrale del braccio. Da allora non sono state apportate altre modifiche. Oggi possiamo ammirare e venerare la santa reliquia il 17 gennaio e in agosto, in occasione della "Festa Grande". La festa di S. Antonio Abate ha, nel nostro Comune, origini remote, ed è stata caratterizzata da un eccezionale spettacolo di fuochi d’artificio, tanto da essere denominata, nei calendari turistici nazionali, la "festa del fuoco". Nella scadenza triennale della solenne festa, il popolo, la Commissione centrale, i comitati dei cerci e dei "partiti", il clero e l’amministrazione Comunale si danno da fare, molti mesi prima della ricorrenza, per preparare il programma dei festeggiamenti che richiameranno a Misterbianco una moltitudine di forestieri e di cittadini residenti in altri comuni. La celebrazione triennale ricorre la prima domenica di agosto e si protrae per ben cinque giorni. Attorno a queste cinque giornate si organizzano tutte le manifestazioni inerenti alla festa. In modo particolare la giornata del sabato è certamente la più rumorosa e caratteristica. Dà inizio ai festeggiamenti la solenne processione della Reliquia, che, partendo dalla chiesa di S.Nicolò, si conclude nella Chiesa Madre con il canto dei Vespri e la Benedizione. Alla processione, aperta dai Cerei, partecipano le Confraternite, il clero, le religiose, le autorità civili e militari e gran numero di fedeli. Successivamente l’appuntamento è ai "Quattro Canti"; dove una moltitudine assiepata aspetta l’ingresso dei cerei, che frattanto si sono disposti lungo la via Matteotti, secondo il tradizionale ordine di entrata: Maestri, Pastori, Carrettieri-Camionisti e Vigneri. L’ingresso di ogni cereo è accompagnato dalla banda musicale che "sostiene’ i portatori nella "ballata" mentre assordanti e variopinti fuochi d’artificio riempiono l’aria di fantasmagorici colori e acre fumo a conferma dell"appellativo: "festa del fuoco". Trascorse le "quattro ore di fuoco", tutti i cerei, con lo stesso ordine con cui sono entrati, lasciano i "Quattro Canti" ed entrano nella vicina Chiesa Madre, da dove muoveranno, la domenica mattina, per aprire la Processione del Simulacro del Santo, che rimarrà l’esclusivo protagonista delle due ultime giornate di festa. La festa di S. Antonio Abate, come tutte le feste patronali, è contornata da manifestazioni di devozione e di fede che escono dai canoni abituali, e che trovano il consenso di tutti e la partecipazione spontanea della popolazione. E il caso della salita di via S. Nicolò "d’acchianata di Santanicola", mornento trainante della festa in cui giovani e meno giovani si sobbarcano il peso del maestoso ed imponente fercolo del Santo sulle spalle e lo portano, tra una folla plaudente ed un caldo soffocante, fin dentro la chiesa. E’ questo un momento della festa, assieme all’uscita pomeridiana attraverso il quartiere "Manganeddi", atteso da tutti. Anche chi è solo spettatore, si sente partecipe, dividendo fatica, sudore, sacrificio, gioia e devozione. Tutto è rimasto immutato con il passare degli anni ed ogni cosa si ripete secondo un copione che nessuno ha mai scritto. Certamente le cose sono un pò cambiate; ed oggi non si assiste più alla trascinata del fercolo, che prima del 1963 era senza ruote e veniva portato a spalla dai devoti o tirato con cordoni. Il bello o il peggio, a quell’epoca, arrivava quando il Fercolo giunto alla fine di via S.Giuseppe doveva essere tirato su per l’allora "atroce" via Plebiscito. Su quel tratto di strada in salita che arriva fino alla Chiesa di S.Orsola, molti sono gli aneddoti che si raccontano; come quello che coinvolgeva in prima fila "a zza Filici ‘a tronu" che, quale unica rappresentante femminile, si sottoponeva con sacrificio ad uno sforzo poco adatto alle donne, in devozione a S.Antonio Abate. La sostituzione delle lunette con le ruote e la sistemazione progressiva di tutte le strade ha risparmiato non poche fatiche a tutti i devoti, ma la tradizione "d’ampunuta" (l’innalzamento) della vara è rimasta e si è allargata, tanto che nelle ultime edizioni della festa di Agosto anche in piazza della Repubblica, il centro storico del paese, ed in via Bruno Buozzi, la parte nuova e moderna, si assiste all’adunata dei giovani che si uniscono tutti senza distinzione di classi, di ceto, di credo politico per innalzare e portare a spalla la grande vara come segno di fede e devozione dei Misterbianchesi verso S.Antonio Abate. E’ questa, assieme alle molte altre, la prova che è ancora vivo anche nei giovani quell’attaccamento al Santo trasmesso da padre in figlio e che, come recita uno degli inni al Patrono, "infonde al popolo Fede ed Amor".